Alimentazione

L'OLIO DI PALMA

L’olio di palma è uno degli oli vegetali più usati al mondo; per i suoi utilizzi molteplici lo si ritrova nelle margarine, in molte pietanze preconfezionate e nei dolci; viene anche utilizzato per friggere. Opportunamente modificato viene usato nella preparazione di cosmetici, di detersivi e saponi e come lubrificante.

Si ricava dalla palma da olio (Elaeis guineensis Jacq.), una pianta originaria delle foreste pluviali della Guinea (Africa occidentale); è molto simile a un altro tipo di palma, la palma da cocco (Cocos nucifera), ha fusto eretto, le specie coltivate arrivano a un’altezza di 10-15 m mentre in natura si trovano palme alte fino a 30 m circa; ha foglie molto lunghe (4-5 m circa) e frutti la cui forma ricorda quella di una prugna; sono rossastri e carnosi, lunghi 2-3 cm e si sviluppano in caschi (règimi) che arrivano a pesare fino a circa 20 kg. 

Attualmente è piuttosto diffusa in Asia (zone del sud-est e dell’ovest) e nell’Africa centrale; le nazioni che vantano le maggiori estensioni di coltivazione sono la Malesia, l’Indonesia (da questi due Paesi proviene l’86% della produzione globale), la Nigeria, il Camerun e il Congo; la palma da olio richiede infatti climi caldo-umidi per poter rendere al meglio.

Secondo il rapporto Eurostat 2015 (il più recente attualmente disponibile), nel 2013 l’olio di palma ha rappresentato il 39% degli oli vegetali prodotti a livello mondiale; seguono l’olio di soia (27%) e quelli di colza (14%) e girasole (10%); l’olio di oliva, che nel nostro Paese è molto apprezzato, rappresenta invece l’1% della produzione globale.

Secondo i dati che vengono forniti dal WWF, l’Italia è il secondo Paese importatore di olio di palma in Europa (25% del totale UE).

Del successo del prodotto non c’è certo da stupirsi, la palma da olio, infatti, è particolarmente produttiva; il raccolto che viene effettuato su una determinata superficie di terreno rende molto più olio rispetto, per esempio, a quello ottenibile da coltivazioni di soia o girasole che richiederebbero spazi decisamente più ampi. Ben si comprende come i costi si facciano interessanti per i produttori.

Dalla palma si ricavano due tipi di olio; il primo (olio di palma) lo si ottiene dal mesocarpo della drupa, il secondo lo si ottiene dai semi (olio di semi di palma, PKO, palm kernel oil, olio di palmisto).

L’olio di palma contiene il 50% circa di grassi saturi a catena lunga, praticamente lo 0% di grassi saturi a catena media, il 40% circa di grassi monoinsaturi e il 10% circa di grassi polinsaturi; le quote maggiori sono rappresentate dall’acido palmitico, dall’acido oleico e da quello linoleico; in misura minore sono presenti l’acido stearico e l’acido miristico.

Da un punto di vista chimico l’olio di palma equivale sostanzialmente al burro; questo in base alla formula di Albanesi, formula grazie alla quale è possibile valutare l’azione del prodotto dal punto di vista della protezione cardiovascolare; la formula dell’olio di palma è 50-0-40-10, in sostanza ciò che cambia rispetto al burro (53-12-31-4) è che il 12% di grassi saturi a catena media del burro è sostituito nell’olio di palma da grassi monoinsaturi. Se, come detto, chimicamente è abbastanza equivalente al burro, il processo di raffinazione che subisce lo rende leggermente peggiore.

L’olio di palma è ricco di vitamina A sotto forma di carotenoidi, in misura 15 volte superiore alle carote, di vitamina E e non contiene colesterolo. Peccato che durante il processo di raffinazione i carotenoidi vengano distrutti.

Mediante frazionamento (che avviene per cristallizzazione a una determinata temperatura) si possono separare la stearina di palma (la parte solida, usata soprattutto per i saponi, ma anche nell’alimentazione) e l’oleina (la parte liquida). Contrariamente al nome, la stearina di palma non è il trigliceride dell’acido stearico, ma è semplicemente un composto in cui diminuisce (di circa il 10%) l’acido oleico e aumenta l’acido palmitico (nell’oleina si ha un aumento del 4% dell’acido oleico e una diminuzione dell’acido palmitico per cui la situazione dal punto di vista alimentare migliora leggermente rispetto all’olio di palma puro).

Ovviamente la stearina è la parte peggiore dell’olio di palma per cui se la dizione “olio di palma” è più o meno equivalente a “burro”, la dizione “grasso vegetale” se fosse riferita a grasso ottenuto dall’olio di palma indicherebbe un alimento leggermente peggiore.

Olio di palma o burro?

La modifica all’etichetta nutrizionale che impone al produttore di specificare il tipo di olio (grasso) usato nei prodotti alimentari ha fatto sì che molti produttori abbiano sentito la necessità di promuove l’olio di palma (curioso il fatto che quando prima era solo “grasso od olio vegetale” nessuno ne parlava). In realtà l’olio di palma è un prodotto decente, ma non certo paragonabile al burro o all’olio extravergine d’oliva.

Vediamo le ragioni del produttore.

L’olio di palma raffinato viene largamente impiegato nelle preparazioni industriali dei prodotti da forno per svariate ragioni di natura sia tecnologica che di accettabilità del prodotto finito.

 

In realtà solo perché il prodotto dura di più e i costi di produzione sono minori.

In virtù della consistenza solida, dal punto di vista tecnologico permette una facile lavorabilità dell’impasto, con il vantaggio nutrizionale di non possedere colesterolo e grassi trans.

Anche il burro è solido; circa la non presenza di colesterolo, da anni questo sito si batte con dati inoppugnabili contro la demonizzazione del colesterolo il cui alto valore non è la causa diretta dei problemi cardiovascolari (la stessa medicina ufficiale mostra come, in assenza di fumo e di ipertensione, il colesterolo sia un fattore di rischio marginale). La differenza con il burro è che un biscotto con burro ha un aroma eccellente, mentre uno con olio di palma ce l’ha solo se si aggiungono aromi artificiali (e magari tanto zucchero)!

Dal punto di vista nutrizionale, negli ultimi anni l’olio di palma è stato riconsiderato dagli stessi nutrizionisti: numerosi studi hanno dimostrato come l’olio di palma, grazie alla sua composizione bilanciata in acidi grassi (50% saturi, 50% insaturi), sia compatibile con una dieta equilibrata.

Premesso che una ricerca non è scienza (è infatti facile trovare una ricerca che promuove X e un’altra che lo boccia!), l’asserto è corretto. C’è però il piccolo problema che i grassi polinsaturi sono decisamente poco stabili con il calore e si degradano facilmente per cui l’olio di palma per i prodotti da forno è peggiore del burro (l’olio di palma ne possiede circa il 10% contro il 3% del burro). C’è da dire che olio di cocco e olio di palma per lo stesso motivo sono decisamente migliori dell’olio di mais, di girasole o di colza.

Per approfondire: L’olio di palma fa male?

L’olio ottenuto dai semi di palma è abbastanza diverso da quello che viene ricavato dal mesocarpo sia nell’aspetto (l’olio di semi è giallo mentre l’altro è rosso) sia nella composizione chimica. La formula di Albanesi relativa all’olio di palmisto è 27-55-16-2, questo olio contiene quindi molti grassi MCT, ma pochi grassi monoinsaturi. Rispetto al burro (53-12-31-4) è forse anche meglio.

Purtroppo è comune utilizzare l’olio di semi di palma frazionandolo e impiegando poi, a seconda degli scopi, l’oleina di PKO o la stearina di PKO. Quest’ultima (la parte solida) contiene circa l’8% in meno di acido oleico. In cucina lo si utilizza sia per friggere che per condire.

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