Alimentazione

CARBOIDRATI ALLA SERA: FANNO  MALE?

Soprattutto nell'ambito della cultura estetica ma anche della salute, già da diversi anni, i carboidrati vengono considerati nutrienti potenzialmente nocivi o controproducenti e da evitare più possibile, soprattutto nelle ore serali; inutile dire che, come la maggior parte degli assolutismi, anche questa affermazione può essere considerata inesatta.

L'assunzione di carboidrati a cena, o peggio nello sputino che precede il sonno, è di fatto ancora sconsigliata da parecchi allenatori, personal trainer e nutrizionisti. 

La "presunta" ragione sarebbe di natura metabolica, con particolare riferimento agli assi ormonali, ai loro ritmi e comportamento. 

Per farla breve, assumendo carboidrati alla sera aumenterebbe l'attitudine ad ingrassare e la predisposizione all'iperglicemia – fattore di rischio per diabete tipo 2 e direttamente correlata a ipertrigliceridemia.

Pur avendo una base logica, si tratta comunque di una distorsione concettuale; di seguito capiremo meglio perché.

Carboidrati in breve

Per l'uomo, i carboidrati sono macronutrienti energetici ternari (carbonio, idrogeno, ossigeno).

Ne esistono molti tipi, classificabili in modi diversi, ad esempio: sulla base della complessità (monosaccaridi, disaccaridi, oligosaccaridi, polisaccaridi), della solubilità in acqua, della struttura monomerica, dell'organizzazione polimerica, della tipologia di eventuali legami chimici interposti tra i monomeri (posizione e natura del legame) e relativa disponibilità per l'uomo ecc.

Si conoscono glucidi di origine vegetale, animale e fungina. Quelli digeribili e assorbibili forniscono 3,75 kcal / 1 g, mentre quelli non disponibili – soprattutto di origine vegetale – espletano il ruolo nutrizionale di prebiotici (substrato energetico per la flora batterica fisiologica intestinale).

Il glicide più abbondante nel corpo umano, seppur tecnicamente non essenziale – perché in una certa misura, in determinate condizioni e per un certo periodo di tempo può essere prodotto a livello endogeno – è il glucosio. 

Il fatto che non si tratti di un nutriente essenziale può essere un concetto fuorviante. 

In molti pensano che, proprio per questo, non si tratti di un nutriente così importante; al contrario, per garantirsi la sopravvivenza, l'organismo ha dovuto sviluppare un sistema di neo-glucogenesi (produzione di glucosio a partire da altri substrati come amminoacidi, glicerolo e acido lattico) e 

creare due scorte differenziate (sotto forma di glicogeno, un polimero del glucosio): una nel fegato, per mantenere la glicemia costante – indispensabile al funzionamento del cervello – e una intrinseca ai muscoli scheletrici. Anche i reni contengono piccole scorte di idrati di carbonio.

Le fonti esogene, quindi alimentari, di glicidi sono di origine vegetale. Vengono considerate sorgenti primitive di carboidrati solubili, semplici o disaccaridi, la frutta (agrumi, mele, pere ecc), la verdura (zucchine, asparagi, bietola ecc), il latte e il miele. 

Forniscono idrati di carbonio non solubili, quindi complessi, le sementi amidacee come i cereali (frumento, riso, mais ecc), le leguminose (fagioli, ceci, lenticchie ecc), gli pseudocereali (quinoa, amaranto, grano saraceno ecc), i tuberi amidacei (patata, batata, manioca ecc) e alcuni frutti amidacei (come la castagna e il frutto dell'albero del pane); per una corretta digeribilità, questi richiedono cottura. 

Ovviamente, forniscono glucidi tutti gli alimenti derivati o lavorati che contengono tali ingredienti e gli zuccheri di sintesi.

L'importanza del glucosio nasce dal fatto che esistono tessuti glucosio dipendenti, il cui funzionamento e la cui sopravvivenza dipendono dalla disponibilità immediata (o quasi) di questo substrato energetico. 

È il caso del tessuto nervoso centrale, dei globuli rossi e bianchi, del midollo osseo, della midollare del surrene, della retina, dei testicoli e del cristallino. 

Altri invece, come il tessuto muscolare (soprattutto ricco di fibre I e intermedie) possono funzionare "più o meno" correttamente anche utilizzando acidi grassi e amminoacidi ramificati.

Questo è un punto cruciale per la comprensione dell'articolo. Vista la sua importanza per i tessuti glucosio-dipendenti, il suo ingresso all'interno di tali cellule avviene in maniera diretta, senza bisogno di alcun ormone, grazie alla presenza di trasportatori di membrana della famiglia GLUT, soprattutto GLUT-1 e GLUT-3. 

Al contrario, nei tessuti non glucosio dipendenti, in particolare nel muscolo scheletrico, sono diffusi i GLUT-4, che richiedono la presenza di un ormone chiamato insulina. Nei tessuti insulino-dipendenti, questo ormone funziona dunque come la chiave del trasportatore GLUT-4.

Passiamo ora a una breve descrizione dell'insulina e dei suoi effetti sul metabolismo.

Cos’è l’insulina?

Per comprendere appieno quanto andremo a sviluppare, è fondamentale chiarire il rapporto esistente tra carboidrati e insulina.

L'insulina è un ormone anabolico di natura proteica – stimola la produzione i IGF-1 – secreto dalla porzione endocrina del pancreas. 

La sua produzione è stimolata dell'assunzione alimentare e dall'assorbimento intestinale dei tre macronutrienti calorici (monosaccaridi, amminoacidi e acidi grassi) e dall'alcol etilico. 

L'entità dell'insulinemia dipende prima di tutto dall'importanza del pasto, ovvero dalla quantità di macronutrienti energetici introdotti, e in secondo luogo dalla sua composizione.

Va specificato che carboidrati, proteine e grassi hanno un diverso impatto sulla secrezione dell'ormone; ad esempio, a parità di porzione, i carboidrati raffinati e l'alcol sembrano essere i più efficaci. 

Ciò è importante ma non tiene conto di un fattore essenziale, ovvero che gli alimenti e i pasti hanno una composizione mista e in quanto tali hanno un tempo di digestione e assorbimento variabile; più è lungo il tempo di ingresso dei nutrienti nel sangue, minore è lo stimolo a produrre insulina. 

Fibre, grassi e proteine rallentano, ad esempio, l'assorbimento dei carboidrati.

Le funzioni dell'insulina, riservate ai tessuti insulino dipendenti, sono di: permettere o migliorare l'ingresso di glucosio e il suo utilizzo cellulare, di amminoacidi, di acidi grassi e di potassio dal sangue alle cellule; promuovere la costruzione e inibire la demolizione dei tessuti proteici, delle 

riserve di glicogeno e delle scorte di tessuto adiposo; riduzione della lipolisi (scissione dei grassi adiposi a scopo energetico) e del consumo energetico cellulare degli acidi grassi; ottimizzare la differenziazione cellulare; favorire la produzione di colesterolo; contribuire alla sensazione di sazietà post prandiale. 

Come abbiamo detto sopra, per essere captata dalle cellule, l'insulina deve legarsi ad un trasportatore chiamato GLUT-4.

La quantità di nutrienti assunti, la relativa composizione, la produzione insulinica e il suo impatto sui tessuti sono fattori strettamente legati alla composizione corporea – rapporto massa magra / massa grassa e loro entità.

Perché il pasto serale viene considerato più critico degli altri?

Tornando al focus dell'articolo, chiariamo ora per quale ragione il pasto serale "dovrebbe" essere più critico degli altri. Le ragioni sono prevalentemente due; procediamo con ordine.

Orario serale e sensibilità insulinica

Ormai da parecchi anni lo studio dei bioritmi ha messo in luce la diversità di produzione, liberazione e metabolismo di ormoni e neurotrasmettitori nell'arco delle 24 ore. 

Questi mediatori chimici possono essere influenzati da stimoli esterni come: i pasti, il digiuno, l'allenamento fisico, la luce ecc; interni, come lo stress psicologico, la gestazione ecc; o risultare "quasi" totalmente indipendenti. 

Per tutti esiste però una sorta di attitudine, una vera e propria predisposizione, che determina una fluttuazione più o meno significativa dei rispettivi livelli sanguigni. 

Talvolta si tratta di una variazione molto importante, come nel caso della somatotropina (GH o ormone della crescita) che aumenta durante il sonno, mentre per altri è quasi marginale, ad esempio nel caso dell'incremento di testosterone nelle ore mattutine.

Ma cosa c'entra l'insulina, che come abbiamo detto è influenzata soprattutto dai pasti? Semplice. 

Approfondimenti sull'azione dell'insulina hanno rivelato che il suo metabolismo, strettamente legato a quello del glucosio, quindi dei carboidrati alimentari, è più efficacie nelle ore mattutine piuttosto che in quelle serali. 

A giovarne sarebbe prevalentemente la sensibilità dei tessuti bersaglio, quindi non la struttura chimica del mediatore o la produzione pancreatica.

Una miglior sensibilità insulinica determina: minor permanenza dell'insulinemia e della glicemia post prandiale, quindi un metabolismo glucidico "più snello" e conseguente riduzione della lipogenesi (produzione di grassi da depositare nel tessuto adiposo), riduzione della capacità inibitoria sulla lipolisi e sull'utilizzo cellulare degli acidi grassi. 

Viceversa, com'è facilmente intuibile, si otterrebbe un effetto negativo.

Orario notturno e consumo calorico

Parlando di un soggetto sedentario, senza esigenze o abitudini particolari, è innegabile che l'orario notturno sia quello caratterizzato dal minor dispendio calorico rispetto alla giornata.

La cena è l'ultimo pasto principale della giornata, ovvero quello che – in assenza di uno spuntino pre-sonno – anticipa il riposo notturno. 

Sappiamo che ogni pasto ha una "funzione", ovvero quella di sostenere le attività che avverranno nelle ore successive. 

Tra queste però, non dobbiamo dimenticare anche il funzionamento e il ricambio di tessuti e organi diversi dai semplici muscoli; ergo, anche stando fermo, l'organismo ha bisogno di acqua, proteine, grassi, glucidi, vitamine, minerali ecc. 

D'altro canto, per logica, il consumo energetico complessivo è inferiore rispetto a quello del giorno, poiché minore è l'attività motoria. 

Sono infatti i muscoli a consumare gran parte delle calorie introdotte con i cibi e questo "gap" aumenta e diminuisce col livello di movimento che caratterizza la quotidianità.

Poiché l'organismo funziona prevalentemente a glucosio, gran parte della composizione dietetica (circa la metà dell'energia totale) è caratterizzata dalla presenza di carboidrati. 

Nel rispetto di quanto detto sopra però, questi non dovrebbero essere collocati nel pasto serale, poiché ridotto è il dispendio calorico che ne seguirà. 

Quindi, per logica, i glicidi andrebbero distribuiti nelle ore che precedono un maggior dispendio energetico, ovvero alla mattina e fino al pranzo.

Entrambi questi ragionamenti non fanno una piega; tuttavia risultano "incompleti", fuorvianti, perché a mancare sono proprio le considerazioni che si oppongono alle circostanze analizzate. Entriamo nel dettaglio.

Importanza dei carboidrati alla sera

Chi elimina i carboidrati alla sera, generalmente ha in progetto di perdere peso o di normalizzare la tendenza all'iperglicemia.

Iniziamo specificando che la composizione dietetica varia soprattutto in funzione dell'attività motoria. Quindi, ciò che vale per un sedentario può essere scorretto per uno sportivo e viceversa.

In secondo luogo, a chi legge questo articolo cercando una soluzione per dimagrire più facilmente, chiarisco che: l'aumento o la riduzione del tessuto adiposo è data soprattutto dal bilancio energetico; in termini calorici, se mangio più di quanto consumo ingrasso, e se mangio meno dimagrisco. 

Questo, se la differenza energetica è rilevante, avviene indipendentemente dalla ripartizione nutrizionale. 

È tuttavia innegabile che l'azione ormonale dell'insulina possa divenire problematica nel qual caso le sue concentrazioni ematiche siano eccessive e per troppo tempo, e soprattutto in presenza di troppi nutrienti energetici.

Quando abbiamo parlato dei tessuti glucosio dipendenti, abbiamo citato prima di tutti il sistema nervoso centrale; questo perché circa la metà della glicemia giornaliera – di un sedentario – è consumata da questi tessuti, per un totale di circa 120 g / die. 

Tutti sanno che il sonno è un momento essenziale, ma in pochi ne conoscono il motivo. Durante il sonno il cervello non riposa, bensì si ricarica. 

Questo complesso processo ha quindi bisogno del pieno supporto della glicemia, nutrita dall'ultimo pasto serale e dalla regolazione epatica – mediante la glicogenolisi, un processo mediato da altri ormoni come il glucagone, "antagonista" dell'insulina. 

Questo sta a significare che, in condizioni di eunutrizione, escludere i carboidrati dalla cena può non avere alcun effetto negativo; il discorso può cambiare se è in corso una dieta ipocalorica dimagrante e soprattutto se di tipo low-carb (basso contenuto di carboidrati). 

In tal caso non sono rari effetti collaterali come la perdita del sonno e la mancanza di recupero.

Per gli sportivi il discorso è ulteriormente diverso. Soprattutto nelle attività aerobiche, il consumo del glucosio è altissimo, e con esso quello del glicogeno muscolare. 

Si crea quindi un debito, che dopo il pasto richiama avidamente i carboidrati alimentari compensando la perdita imposta dall'esercizio. 

Se i glucidi del pasto seguente sono insufficienti, si compromette anche la ricarica in glicogeno del fegato (necessario al mantenimento glicemico), aumentando il processo di neoglucogenesi. 

Per di più, se il pasto in questione è costituito da una cena priva di carboidrati, a rimanerne compromesso è anche il recupero muscolare stesso, con relativa diminuzione della performance. 

I carboidrati post-allenamento sono quindi importantissimi e, volendo alleggerire la cena, è possibile assumerli durante e subito dopo l'allenamento – soprattutto se collocato nel tardo pomeriggio o alla sera.

Conclusioni

Per concludere, i carboidrati possono essere assunti alla sera, ma in maniera relativa al consumo energetico giornaliero, alla composizione globale degli altri pasti e al tipo di attività motoria (se praticata).

Evitarli completamente, soprattutto per uno sportivo, è del tutto controproducente e addirittura potenzialmente dannoso. 

Se invece trattasi di un sedentario, magari in sovrappeso e con metabolismo glucidico compromesso, la cena può anche essere strutturata senza carboidrati, purché nel resto della giornata venga ripartita una quantità di glucidi sufficiente a mantenere l'omeostati totale dell'organismo.

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