ALIMENTAZIONE/SALUTE

ASPETTATIVE DI VITA E ALIMENTAZIONE

Può l’alimentazione contribuire a migliorare l’aspettativa di vita? Molti ci sperano e arrivano a seguire modelli alimentari assurdi oppure a entrare nel tunnel dell’ortoressia.

Un’analisi relativamente recente dell’Università di Oxford condotta su 60.310 adulti, tra vegetariani, vegani e consumatori di carne del Regno Unito negli ultimi 30 anni ha mostrato che non ci sono significative differenze di mortalità tra i diversi gruppi di dieta esaminati. E allora come credere alle tante ricerche che ci dicono che questo fa bene o che questo fa male?

Il vero problema è che le ricerche diffondono informazioni parziali, ingenerando un errore di valutazione nel ricevente il messaggio (seminformazione).

Facciamo un esempio storico. Decenni fa sì scoprì che gli eschimesi avevano una grande protezione cardiovascolare grazie alla dieta molto ricca di omega 3. 

Da qui molti pensarono che gli omega 3 fossero la panacea di tutti i mali e che avrebbero potuto allungare la vita, proteggendo il nostro cuore. 

Errore: se è vero che proteggono il cuore, facilitano anche le emorragie (in particolare quelle cerebrali) con lo stesso meccanismo con cui proteggono il cuore dall’intasamento delle arterie che poi porta a infarto del miocardio e patologie simili. Risultato: la vita media degli eschimesi non è certo superiore a quella di altri Paesi, anzi.

Per l’alimentazione è una regola che vale sempre: se un cibo protegge “significativamente” da una certa patologia, deve incidere su meccanismi fisiologici che possono portare ad altre patologie. Abbuffarsi di quel cibo diventa una sorta di “doping alimentare“. Purtroppo non c’è scelta:

Per la carne il discorso è lo stesso. Se è vero che aumenta la probabilità di incorrere in certi tipi di tumore*, diminuisce quella di incorrere in altre patologie (per esempio per un rafforzamento del sistema immunitario) e alla fine il bilancio è lo stesso di chi non la mangia.

Conclusione dello studio: non è emersa alcuna significativa differenza di mortalità tra i diversi gruppi di dieta esaminati; i dati sono risultati sovrapponibili sia in seguito agli aggiustamenti statistici riguardanti il peso, il genere, l’abitudine al fumo, sia confrontando la mortalità prima dei 75 anni e a 90 anni.

Aspettativa di vita e alimentazione

L’alimentazione migliore è quella equilibrata.

Il trucco delle ricerche vegane

Come conciliare questo risultato con quello di molte ricerche che comunque ritengono che vegetariani e/o vegani vivano più a lungo (a dire il vero di qualche mese o qualche anno al massimo)? Semplice: le ricerche in questione non fanno quegli aggiustamenti statistici sui vari fattori causa di morte precoce che invece sono fatti dalla ricerca di Oxford.

Spieghiamoci meglio: se voglio perorare la causa vegana, confronto due insiemi: chi è vegano e chi non lo è e, magicamente, scopro che chi è vegano campa di più. Il motivo è chiaro, ma sfugge ai più: occorre riconoscere che chi diventa vegano anche per motivi salutistici è già salutista per scelta e quindi per esempio è meno incline al fumo o al sovrappeso che sono due killer ormai noti.

Per avere dati esatti occorre scorporare l’effetto di questi due killer e, per esempio, confrontare due insiemi omogenei: “vegani normopeso e non fumatori” e “onnivori normopeso e non fumatori” (e non si troverebbe nessuna differenza sull’aspettativa di vita). 

Analogamente si devono scorporare statisticamente tutti gli altri fattori importanti. Conclusione: dal confronto di insieme non omogenei che differiscono per più di un fattore di rischio si riesce a ottenere ciò che si vuole!

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